08 Maggio 2019

Prostatectomia o sorveglianza attiva per affrontare il tumore? A distanza di 30 anni i dati sembrano essere in favore della chirurgia: a riaprire il dibattito il New England Journal of Medicine.

Prostatectomia o sorveglianza attiva: riparliamone!

Un’analisi sul New England Journal of Medicine fa il punto su due approcci differenti - prostatectomia radicale o sorveglianza attiva - a distanza di quasi 30 anni. Esaminiamo insieme i risultati.

La prostatectomia radicale riduce la mortalità tra gli uomini con carcinoma prostatico clinicamente localizzato, ma le evidenze da studi randomizzati con follow-up a lungo termine su questo tema sono scarse. Continuare ad occuparsi di questo argomento e a ricercare sempre nuove evidenze permette sicuramente di comprendere quale sia il trattamento che meglio si adatta al singolo paziente, secondo i principi di una medicina sempre più personalizzata e cucita sulle esigenze della singola persona.

Dall’ottobre 1989 al febbraio 1999 i ricercatori hanno assegnato casualmente 695 uomini con carcinoma prostatico localizzato, non diffusosi oltre la ghiandola, o ad un approccio di sorveglianza attiva e monitoraggio nel tempo o ad un intervento chirurgico, mediante una prostatectomia radicale. I ricercatori hanno, quindi, raccolto dati di follow-up relativi alla mortalità fino alla fine del 2017. Questa analisi ha stimato l’incidenza cumulativa e i rischi relativi per la morte dovuta a qualsiasi causa, per la morte dovuta al tumore alla prostata e alle metastasi. Sono stati stimati anche gli anni di vita guadagnati.

Al 31 dicembre 2017, circa l’80% dei pazienti era deceduto, di questi il 32% per via del tumore alla prostata. Nel dettaglio, un totale di 261 dei 347 uomini sottoposti a prostatectomia radicale e 292 dei 348 uomini nel gruppo sottoposto a sorveglianza attiva era deceduto; erano dovute al cancro alla prostata 71 morti nel gruppo prostatectomia radicale e 110 nel gruppo di sorveglianza attiva. La morte per qualsiasi causa si è verificata nel 71,9% dei casi nei gruppo sottoposto a prostatectomia, nell’83,8% nel gruppo sottoposto a sorveglianza attiva. La morte per tumore alla prostata si è verificata rispettivamente nel 19,6% contro il 31,3%, rispettivamente.

Guardando i dati in positivo, nel gruppo sottoposto a chirurgia era ancora vivo il 24,8% dei pazienti, al confronto con il 16,1% di vivi tra coloro ai quali era stata indicata la sorveglianza attiva. Dai dati emerge come la prostatectomia radicale abbia ridotto dell’11,7% in termini assoluti la mortalità per tumore della prostata rispetto alla sorveglianza attiva, facendo guadagnare quasi 3 anni di vita agli uomini con carcinoma prostatico localizzato clinicamente rilevato e una lunga aspettativa di vita. Inoltre, si osserva anche una riduzione del numero di pazienti con malattia metastatica.

Un alto punteggio di Gleason (superiore a 7) e la presenza di un'estensione oltre la capsula nei campioni di prostatectomia radicale erano altamente predittivi di morte per cancro alla prostata.

Quali conclusioni possiamo trarre da questa ricerca pubblicata sul NEJM? Sicuramente dallo studio emerge che uomini sani il cui carcinoma prostatico avanzato è limitato alla sola ghiandola prostatica possono trarre benefici dall’intervento chirurgico. Ma va detto, che si tratta di uno studio durato 30 anni, un periodo in cui molte cose sono cambiate nella diagnosi e nell’approccio al tumore alla prostata. Sappiamo oggi che in molti casi, nonostante la diagnosi di cancro alla prostata, molti uomini non hanno mai avuto gravi conseguenze durante la loro vita, né sono morti a causa di questa malattia. Se si guardasse ancora solo ai livelli di PSA, a molti uomini verrebbe diagnosticato un tumore prostatico che, tuttavia, non avrebbe mai sviluppato sintomi avanzati o potenzialmente letali. Perché la scelta terapeutica sia la migliore possibile, è importante trovare l’equilibrio tra i benefici della prostatectomia da un lato e i suoi effetti collaterali dall'altro.

Rispetto a trenta anni fa, fermo restando il fatto che in uomini sani con diagnosi di carcinoma prostatico avanzato limitato alla sola ghiandola prostatica l’intervento chirurgico risulta l’approccio con maggiori benefici, oggi un numero maggiore di uomini con carcinoma della prostata potrebbe essere seguito attivamente e trattato solo se sono presenti segni di cancro avanzato.

FONTI

Bill-Axelson A, Holmberg L, Garmo H, et al. Radical Prostatectomy or Watchful Waiting in Prostate Cancer — 29-Year Follow-up. N Engl J Med. 2018; 379: 2319-2329.

 

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